Recensione Vol.16-Collana IT Revolution in Architettura
François
Roche – Eresie macchiniche e architetture viventi di NewTerritories.com
di Antonino Di Raimo
Recensione
Vol.16 ‘IT Revolution in Architettura’ diretta da Antonino Saggio
<…l’architettura
che si intravede nel lavoro di New-Territories amplia continuamente i propri
domini funzionali, prestazionali e semantici, arrivando anche alla possibilità
reale di creare condizioni per la sua auto-produzione (…) , organizzata secondo
un sistema fisicamente chiuso e identificabile, ma, (…) aperto a tutte le
negoziazioni possibili. Un sistema vivente, appunto.>
Il
volume di Antonino Di Raimo, parte di un’ampia collana che pone come tema
centrale l’interrogativo sul ruolo che ha la Rivoluzione Informatica
all’interno dell’architettura, si apre con la prefazione di Antonino Saggio,
curatore e direttore della raccolta stessa. In particolare fin da subito si
viene posti davanti ad una serie di quesiti. Tra questi: quale è il ruolo
occupato dalle nuove tecnologie di materiali, che ogni giorno continuano a svilupparsi,
e che sono in grado di accogliere in se caratteristiche e comportamenti attivi,
all’interno dello sviluppo tecnologico e informatico nell’ambito della
progettazione architettonica? In che modo tali comportamenti sono paragonabili
a quelli di un ‘sistema naturale vivente’? Prima di tutto, bisogna senz’altro
riconoscere l’influenza che la scienza e la tecnologia hanno sull’ambito
architettonico e sociale, come ad esempio in un progetto di riqualificazione
urbana e del territorio, dove infrastrutture dotate di sistemi tecnologici
sempre più evoluti possono contribuire alla riscoperta e alla fruizione di aree
abbandonate e ‘vuote’ all’interno del contesto urbano e paesaggistico. In
questo particolare caso, dove la figura protagonista è l’architetto François
Roche e il suo gruppo New-Territories, viene approfondito come l’informazione non
sia semplice strumento utilizzabile per la creazione dello spazio, ma lo stesso
<fluido vitale>, la materia prima, che scorre all’interno
dell’architettura e permette lei di vivere, sfiorire e decadere in un ciclo
continuo di costruzione, distruzione e rigenerazione. Roche già dalla metà
degli anni ’90 del secolo scorso apre la porta a idee e concezioni talmente
innovative da sembrare quasi provocatorie e utopiche. Egli esamina il rapporto
profondo tra la ricerca informatica, il suo sviluppo, e un tipo
di progettazione non solo tecnologica ma ecologica e sostenibile, stravolgendo
il significato normalmente applicato a questi termini e cercando di andare incontro
ad una concezione che avvicina gli edifici a delle vere e proprie specie
viventi, che contribuisco alla creazione di un nuovo ecosistema all’interno del
contesto nel quale sono posti.
Nel
volume scorriamo le pagine andando alla scoperta di diverse opere progettate
(alcune realizzate altre no) di N.T., prese in esempio dall’autore per
analizzare diversi temi e concezioni dell’architetto in questione. Nel trattare
il tema della dialettica tra architettura e natura possiamo citare progetti
quali Acqua Alta a Venezia del 1998, Growing Up a Compiègne del 1993 e Folding in Sud Africa del 1997. Qui
possiamo notare l’integrazione tra la componente artificiale e quella naturale,
che quasi vanno a fondersi e a collaborare: nel primo caso l’acqua diventa la
stessa parete dell’edificio, mentre negli altri due viene riconosciuta la
natura come sospetta, malevola, il che spinge l’architettura a nascondersi, a
celarsi, svelandosi solo in prossimità di volumi trasparenti che ergono dal
suolo e che per il resto restano segreti: concetto applicabile per anche per
esigenze più pratiche, quali ottemperare leggi vigenti sulla
conservazione la salvaguardia del paesaggio (Shearing, Francia, 2003).
Folding,
Soweto, South Africa, 1997
Un
progetto molto interessante per ciò che concerne il rapporto con la
digitalizzazione dell’informazione e le logiche e i modelli di interazione fra
gli essere umani, le macchine e l’architettura stessa, risulta essere I’ve heard about , quasi un manifesto
metodologico dello studio, con il quale si definisce un processo che enfatizza
lo scambio e la possibilità di incorporare l’informazione in maniera
differente. Quest’ultima, prodotta dagli abitanti stessi, condiziona e
definisce le logiche con cui l’architettura va a crearsi e a trasformarsi
continuamente, grazie a questo flusso interattivo costante e continuo. Tale
concetto si materializza nella programmazione di un robot, che ha il ruolo sia
di costruttore che di negoziatore, pronto ad andare incontro alle necessità
(pratiche e psico-fisiche) degli abitanti con cui è in contatto. Questa
concezione da spunto a una riflessione da applicare nell’ambito della
progettazione architettonica ed urbanistica, per cui il raggiungimento di una
completa interazione tra <le procedure informatiche di ascolto degli
abitanti e di risposta dell’architettura in termini di trasformazione>.
Un
filo che collega diversi progetti di N.T. è, oltre l’adozione di nuove tecniche
del computational design (es. meshing, spline) , per definire le superfici, i
volumi, gli spazi, i singoli elementi che compongono l’architettura,
l’impostare la progettazione a partire da una criticità specifica del contesto
o del tema trattato , come nel caso di Dustyrelief,
dove l’edificio, si definisce grazie a una caratteristica problematica della
città (la polvere, appunto), costruendo un nuovo livello di informazione.
Troviamo poi anche (Un)plug e Hybrid Muscle, collocati in due contesti
completamente diversi, ma entrambi scaturiti dalla necessità di scollegare
l’edificio dalla rete pubblica, che in un caso spinge a plasmare la pelle
dell’edificio per far si che diventi essa stessa recettrice dell’energia
fornita da sole, e nel secondo caso l’utilizzo di energia potenziale per
permettere un meccanismo di auto sostegno.
Dustyrelief,
Bangkok, Tailandia, 2002
Infine,
considerazioni alla base della ‘bio-architettura’ e dell’architettura
sostenibile, sono ripresi e rielaborati, definendo una simbiosi tra
architettura e ambiente, visti come due sistemi che co-evolvono e collaborano
mutualmente grazie all’ausilio delle tecnologie informatiche, creando edifici
che sono delle <macchine architettoniche costruttive e distruttive>, che
vivono all’interno di un ciclo chiuso di trasformazioni e di forme, costruendosi
e distruggendosi, proprio come accade per i sistemi viventi.
Olzweg,
Parigi, 2006 & ThingsWhichNecrose, Danimarca, 2009
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